In Umbria ovunque si sente profumo di cultura enogastronomica. É un profumo che emana da antiche civiltà e da emergenti stili di vita, dal contado come dai grandi centri, dalla cucina di campagna come dai cucinotti di suntuose ville, dal ristorantino di periferia come dal locale gourmand. Certo, occorre imparare a gustare tale profumo, a creare un’educazione che insegni il bello e lo diffonda. É un sapere, quello culinario umbro, che va sostenuto e legato alla storia di una terra millenaria che ha fatto dell’accoglienza, dell’ospitalità e del buon vivere il proprio viatico. Nel passato disquisire di cucina sembrava cadere nella banalizzazione, o al massimo equivaleva a rivolgersi solo agli addetti al lavoro. Oggi è diventato oggetto di dialogo ed intere famiglie si spostano sui luoghi di vacanza scegliendoli anche sulla base delle specialità gastronomiche che si possono trovare nel luogo.

La tradizione è alla base della Cucina umbra, con piatti non sempre poveri o popolari. Poco influenzata dalle regioni vicine, si basa essenzialmente sulla carne e sui prodotti della terra, che vengono usati sia nelle grandi occasioni sia nel pasto quotidiano. È una cucina semplice, con lavorazioni in genere non troppo elaborate, che esaltano i sapori delle materie prime. Le radici della cucina umbra affondano nella civiltà degli Umbri prima (Etruschi per la zona tra Perugia e Orvieto) e dei Romani poi, con frequente uso di legumi e cereali. La tipologia può essere divisa in tre grandi aree che, grossomodo, corrispondono a quelle culturali e dialettali in cui si divide la regione. Tipica la lavorazione del maiale e la produzione di salumi, in particolare nella zona di Norcia, da cui il termine italiano “norcino” per indicare il produttore ed il venditore di salumi. Altri ingredienti “nobili” che ricorrono nei sapori umbri sono il tartufo e l’olio extravergine di oliva: di quest’ultimo la cucina umbra non può fare a meno.

Antipasti

Antipasto umbro – con questo termine si intende un piatto di salumi e formaggi servito in apertura. Esso si compone generalmente di una o più fette di prosciutto, salame, capocollo, lonza o salsiccia, associate con formaggio pecorino o caprino e una foglia di rucola.
Bruschetta – si tratta essenzialmente di fette di pane intere fatte abbrustolire leggermente sulle braci, strofinate con uno spicchio d’aglio e poi ricoperte di olio d’oliva e un pizzico di sale.
Crostini ai fegatini di pollo – fette dimezzate di pane casareccio, abbrustolite o meno, ricoperte di un impasto macinato a base di fegatini di pollo (altre ricette prevedono una salsa a base di tartufo, oppure maionese e funghi, maionese e tonno, o addirittura pomodorini sminuzzati).
Panzanella – si tratta di una preparazione a base di pane raffermo bagnato, a fette o a tocchetti, con aggiunta di pomodori, cipolla, basilico, olio d’oliva, aceto e sale. Nel caso in cui si aggiungano altri alimenti più calorici, come tonno o mozzarella, può essere usata anche come piatto unico.

Primi piatti

Strangozzi al ragù.

Agnolotti al sugo – pasta fresca, tipica del tifernate che viene preparata specialmente durante il Natale e la Pasqua

Cappelletti in brodo – pasta fresca, viene consumata in brodo di carne mista specialmente durante il periodo natalizio.

Gnocchi al sugo d’oca – gnocchi di patate serviti con ragù di oca (preferibilmente giovane).
Gnocchi al castrato – serviti con ragù di agnello castrato o pecora
Pappardelle alla lepre / al cinghiale – questa pasta, simile a delle tagliatelle molto larghe, viene tipicamente servita con un ragù a base di carne di lepre o cinghiale.
Strangozzi, o Strozzapreti, o Ciriole – si tratta di una pasta simile alle tagliatelle, ma senza uova, con sezione piuttosto spessa rispetto alle tagliatelle e lunghezza inferiore. Nell’Umbria nord conosciuti prevalentemente come strozzapreti, nel folignate-spoletino strangozzi, a Terni detti ciriole.
Strangozzi al tartufo – generalmente tartufo nero di Norcia, ma anche scorzone estivo o tartufo bianco, tipico dell’Alta Valle del Tevere, dell’Eugubino Gualdese e dell’Orvietano.
Tagliatelle al ragù – condite con un particolare ragù di vitello macinato e pezzettini di rigaglie di pollo.
Vincisgrassi – sorta di lasagne al forno tipiche della montagna folignate, probabilmente importate dalle contigue Marche. Sembra che il nome derivi da quello del generale austriaco Windisch-Graetz, di stanza ad Ancona nel periodo napoleonico.

Secondi piatti

La porchetta

Agnello fritto – costolette di agnello panate e fritte.
Agnello scottadito e Castrato scottadito
Coratella d’agnello – cotta in umido in bianco, con aglio o cipolla e aromi vari.
Fagiano in salmì – cacciagione.
Galantina – si tratta di una gallina disossata ed eviscerata, la cui pelle viene riempita con carne macinata di pollo e manzo, uova lessate, pepe, formaggio, noce moscata e pistacchi sgusciati. L’involucro viene poi cucito, avvolto con dello spago per il contenimento e cotto in brodo. Viene consumata fredda, tagliata a fettine.
Lumache – le chiocciole terrestri vengono raccolte a mano e preparate cotte in diversi modi.
Oca arrosto – stesso metodo di preparazione del pollo arrosto, bensì applicato ad un’oca.
Piccione arrosto ripieno – le preparazioni tradizionali prevedono l’utilizzo di un intero colombaccio selvatico.
Piccione alla ghiotta – il piccione viene arrostito allo spiedo, durante la cottura si pone la leccarda sotto l’animale, qui si concentra il liquido che cade dal piccione e successivamente con questo e le interiora del piccione stesso si farà una salsa da servire accanto all’arrosto.
Porchetta – un intero porcellino viene arrostito, dopo essere stato riempito di interiora, finocchio ed erbe aromatiche. Viene tagliato a fette e normalmente consumato, anche fuori pasto, in panini (panino colla porchetta): il suo consumo è favorito dalla presenza di un gran numero di ambulanti che si recano nei punti ove si prevede maggior concentrazione di gente (mercati, concerti, raduni, ecc.). Essi, generalmente, non producono la porchetta in proprio ma piuttosto si riforniscono da artigiani che la preparano professionalmente: i più bravi si trovano nell’assisiate, nelle zone di Costano e Bevagna.
Salsicce con lenticchie – preparate in umido con pomodoro.
Spiedini di granocchia – le rane arrosto sono tipiche della località perugina di Capanne e vengono preparate principalmente durante la sagra annuale ad esse dedicata.

Salumi e formaggi

Coglioni di mulo.

Barbozzo – guanciale del maiale.
Budellacci affumicati – interiora del maiale.
Caciotta – formaggio a base di latte vaccino.
Capocollo – salume ricavato dal muscolo dorsale del maiale. Dopo la stagionatura viene avvolto nei tipici fogli di carta oleata.
Ciauscolo – insaccato spalmabile tipico delle Marche e in Umbria della Valnerina e della montagna folignate confinanti con la contigua regione.
Cojoni de mulo – insaccato dalla tipica forma a sacchetta.
Corallina  – salsicce preparate con carne non finemente macinata.
Salsicce di cinghiale – l’impasto di queste salsicce è in realtà a base di maiale, ma ad essa viene aggiunta una buona percentuale di macinato di cinghiale.
Salumi di daino – fiocco, bocconcini, prosciutto e cacciatorini preparati soprattutto nella zona di Nocera Umbra.
Lombetto – simile al capocollo, ma realizzato con la carne dei lombi del maiale. Ha un sapore più delicato e un aspetto simile a quello della bresaola.
Mazzafegati – salsicce a base di carne e fegato di maiale, farcite con uva sultanina e buccia d’arancia.
Pecorino umbro – formaggio duro a base di latte di pecora.
Prosciutto di Norcia – è un prosciutto IGP prodotto nell’area di Norcia e comuni limitrofi.
Ricotta salata – la ricotta viene stagionata per un paio di settimane e servita grattugiata
Ventresca – variante locale della pancetta.

Contorni

Un piatto di lenticchie.

Bandiera – peperoni verdi, cipolla bianca e pomodoro rosso (da cui il nome) tagliati e cucinati in padella con olio e sale.
Erba – varie erbe campestri selvatiche sottoposte a cernita e lessate, vengono servite per accompagnare la carne, condite da un filo d’olio e sale.
Lenticchie – consumate in umido con pomodoro soprattutto durante il periodo natalizio, vengono prodotte principalmente sugli altopiani di Colfiorito e nella zona di Castelluccio per cui c’è stato il riconoscimento IGP.
Parmigiana di gobbi – si utilizzano le foglie del gobbo, cioè il cardo, che è una specie di carciofo che si raccoglie generalmente all’inizio dell’inverno. Queste vengono lessate e fritte con farina e uova sbattute; tagliate a striscioline, sono poi disposte a strati in una teglia, alternate con besciamella e sugo di pomodoro o ragù. Il tutto viene infine cotto al forno.

Dolci

Castagnole – preparate a Carnevale, prevalentemente nell’Umbria meridionale. Simili agli strufoli (vedi più avanti nell’elenco) dell’Umbria settentrionale, si differenziano da questi per le dimensioni più ridotte e perché cosparse di alchermes e zucchero, anziché miele.
Ciambelle dolci di patate – preparate tipicamente nella zona di Colfiorito con le locali patate rosse lessate e schiacciate. Si tratta di una ricetta con una tradizione piuttosto recente[1] .
Ciaramicola  – classico torcolo che si prepara durante la settimana di Pasqua. All’impasto tipico del torcolo si aggiunge anche dell’alchermes, che produce il caratteristico colore purpureo delle fette. Il dolce viene normalmente ricoperto da una meringa dolce, cosparsa di sferette argentee e bastoncini colorati di zucchero.
Cicerchiata  – Il dolce è a base di pasta di farina, uova, burro e zucchero. Da questa si ricavano palline di circa un centimetro di diametro che vengono fritte nell’olio d’oliva o nello strutto. Scolate, vengono disposte “a mucchio” e ricoperte di miele.
Crescionda – dolce dall’aspetto scurissimo a base di uova, cacao, latte, ed amaretti; si consuma prevalentemente nel periodo del carnevale.
Fave dei morti – sono dei biscottini di forma ellittica preparati con un impasto di mandorle finemente triturate, zucchero ed uova. Si consumano in occasione delle festività dei primi giorni di novembre.
Frittelle di San Giuseppe – sono frittelle preparate con la mollica di pane oppure con il riso, impastate con del liquore e fritte in olio bollente. Si consumano fredde e cosparse di zucchero, generalmente nel giorno di S. Giuseppe (19 marzo).
Maccheroni con le noci – è un piatto freddo che viene preparato condendo la pasta (strangozzi) con un macinato dolce a base di gherigli di noci, zucchero, pangrattato e cannella. È consumato durante il periodo natalizio.
Mostaccioli – in periodo di vendemmia, vengono preparati aggiungendo all’impasto del pane anice, mosto e zucchero. Si fa un piccolo filoncino, che viene cotto una prima volta, affettato, e biscottato.
Nociata – un dolce simile al torrone che viene preparato con un impasto di miele, noci, uova e zucchero: è diffuso nella zona di Massa Martana.
Pampepato – è fatto da un impasto a base di cacao, nocciole, zucchero e pepe.
Pinocchiate o Pinoccate – si tratta di un impasto a base di zucchero fuso e pinoli, che viene fatto raffreddare in tipiche forme romboidali della dimensione di un biscotto. Possono essere sia bianche (solo zucchero) che marroni (con cacao). Vengono consumate nel periodo natalizio.
Pizza dolce di Pasqua – di forma ed impasto molto simili a quello del panettone, tipica del periodo pasquale. Nota anche con il nome di torta dolce.
Rocciata o Attorta – è un dolce che per aspetto e ingredienti è vagamente simile allo strudel. Il nome rocciata è la semplificazione del termine dialettale arrocciata o arricciata, cioè “avvolta”, “tonda”[2], per la sua forma a ciambella chiusa su se stessa. Nella variante di Spoleto, dove assume forma avvolta a spirale, è chiamata attòrta, che in dialetto significa appunto “attorcigliata”.
Sfrappe o Frappe – preparate a Carnevale, sono sottili strisce rettangolari di pasta frolla che vengono fatte friggere nell’olio e servite cosparse di alchermes e zucchero vanigliato.
Strufoli (da non confondere con gli struffoli napoletani, che sono simili alla cicerchiata) – preparati a Carnevale, sono dei bignè fatti friggere nell’olio e serviti cosparsi di abbondante miele sciolto. Più diffusi nell’Umbria settentrionale, sono simili alle castagnole (vedi sopra nell’elenco) dell’Umbria meridionale, si differenziano da queste per le dimensioni maggiori e perché cosparsi di miele, anziché alchermes e zucchero.
Torciglione – caratteristica ciambella aperta (cioè non chiusa su sé stessa) preparata con un impasto a base di mandorle dolci, pinoli e zucchero. Viene tradizionalmente preparata in forma di serpe, avvolta su se stessa, con una mandorla sporgente a disegnare la lingua.
Torcolo – ciambella rotonda a base di farina, zucchero, latte e lievito.
Torcolo di San Costanzo – si tratta di una ciambella che viene preparata in occasione della festività di San Costanzo (29 gennaio), patrono della città di Perugia. L’impasto è arricchito da canditi, uva passa e anice.
Zuppa inglese – si prepara il torcolo a fettine molto fini, lo si bagna nell’alchermes e lo si dispone a strati in una teglia in ceramica. Gli strati di torcolo sono alternati a strati di crema pasticciera, che costituisce anche l’ultimo strato. Il tutto viene decorato con cioccolato e perline argentee zuccherate. Il dolce va servito freddo.
Salame del Re – dolce di forma cilindrica (salame) ottenuto arrotolando una base simile al pan di spagna (farina, zucchero, lievito e uova), bagnato con alchermes e caffè, ripieno di cioccolata e crema pasticcera. Il dolce va servito freddo.